Travertino

II lapis tiburtinus, la pietra di Tivoli, e presente in abbondanza nella Valle del Tronto, soprattutto nel tratto tra Ascoli e Acquasanta Terme che il fiume rende incassato, ripido, con pareti che mostrano in superficie il groviglio di una stratificazione contorta sotto la spinta del dinamismo endogeno particolarmente attive La fascia travertinifera e pressoché continua dai pressi di Acquasanta a località Santa Lucia, mentre una giacitura isolata riappare tra quest’ultima e Ponte d’Arli. Altra zona ricca di banchi di travertino si rinviene lungo i terrazzi degradanti dal Colle San Marco verso il Tronto a partire dal Monte Vena Rossa. Fin dall’antichità dalle ampie cave si ottengono blocchi di materiale da costruzione, usato molto spesso per dar corpo alle facciate e agli interni degli abitati della città di Ascoli Piceno che grazie a questa pietra ha assunto la sua particolare e inconfondibile fisionomia. Gli edifici del centro storico hanno, infatti, ricevuto dalle tonalità grigio-chiare del travertino la caratteristica impronta di monumentalità austera ma estremamente elegante per la mirabile fusione tra la progettualità ispirata e composta e 1’esecuzione meticolosa dei maestri lapicidi. I celebri “magistri de pietra” sono ricordati dai primi Statuti ascolani e a essi si affiancarono, tra il ‘400 e il ‘500, gruppi di maestranze lombarde che contribuirono a far sviluppare l’arte del costruire con la pietra locale verso espressioni significative per armonia estetica e solidità funzionale. Non a torto, nel 1908 Alessandro Martelli scriveva: “II travertino ascolano rappresenta, nella regione picena, il principe dei materiali da costruzione, e a giustificarne l’alto pregio nell’edilizia, più ancora dei ricchi edifici moderni in travertino dei quali Ascoli si abbella, stanno le mura robuste e le torri, i ponti, i templi e i monumenti tutti dell’epoca romana e medievale, mirabilmente conservati nella capitale del Piceno attraverso il volger dei secoli”. L’uso per costruzioni, per rivestimenti e pavimentazioni d’interni continua tuttora, proprio per le caratteristiche qualitative di questa pietra che, tenera allo scavo, e di conseguenza facilmente lavorabile, assume durezza col tempo. Quella ascolana e una bella pietra che si presta anche alla lavorazione artigianale, per la porosità ridotta che la rende resistente e solida, oltre che docile allo scalpello. Lapidi e insegne sono preparate con questo materiale dai marmisti della Valle del Tronto, mentre bassorilievi di antica e recente data adornano chiese e edifici. Per il travertino si stanno aprendo prospettive nuove capaci di sollecitare il rilancio di una pietra che, con cave e segherie, ha per tanto tempo fatto la storia economica di molti abitati posti sui fianchi dell’alto, contorto corso del Tronto. Agli operatori saranno, di conseguenza, richieste non solo le operazioni di estrazione, taglio e prima lavorazione, ma anche una produzione di tipo artigianale in qualche modo da reinventare. Essa si potrà innestare nel solco di una tradizione d’uso e di lavoro passata attraverso generazioni di valenti “magistri de pietra”, succedutesi dall’epoca del dominio romano nel Piceno a oggi, e maturate in opere delle quali rimangono testimonianze di pregio a ornamento di casolari, chiese rurali e piccole località abitate, come di centri urbani.

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